Alla fine del 1999 precisamente il 17 dicembre di quell’anno, l’Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite decise di designare il 25 novembre di ogni anno come la giornata mondiale per “l’eliminazione della violenza sulle donne” , affinché governi, associazioni, ONG, almeno un giorno all’anno denunciassero questo crimine che ha delle statistiche spaventose.
Il 25 novembre non è una data a caso, ma è stata scelta perché in questo stesso giorno del 1960, nella Repubblica Domenicana, durante la dittatura Tujillista, furono uccise tre donne, tre sorelle: Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal. Le tre viaggiavano su di un auto per recarsi a salutare i loro mariti in carcere, perché oppositori politici. Furono intercettate da una squadraccia e sequestrate per ore in un rifugio nascosto, dopo essere state abusate e uccise a colpi di bastone, furono rimesse nella loro auto e lanciate giù da un precipizio, per inscenare un finto incidente.
In Italia questa giornata si celebra solo dal 2005 anche se il problema della violenza sulle donne è ormai una piaga sociale. Nel 2011 sono state uccise 137 donne, un dato in ribasso se pensiamo al picco di 192 vittime del 2003, ma pur sempre allarmante. Più di 14.000 donne ogni anno si rivolgono alle 60 associazioni che fanno parte del D.i.re (donne in rete contro la violenza). Il meccanismo perverso della violenza sulle donne da parte dei loro mariti o amanti è sempre lo stesso: si umilia la vittima, la si isola dai contesti sociali, la si rende non indipendente economicamente, sottoponendola a violenza fisica e psicologia al punto che la donna accetta questo comportamento del compagno come normale.
Tutti pensano che questo atteggiamento degli uomini sia frutto di arretratezza culturale e origine geografica. Infatti lo stereotipo italiano corrente è pensare che siano più facile che le violenze accadano al sud, per mano di uomini ignoranti o magari pazzi e che siano di più gli “stranieri” a maltrattare le loro compagne. Tutto ciò è falso, i dati dicono altro.
Nel 75% dei casi sono uomini italiani a fare violenza sulle donne, in netta maggioranza i residenti nelle regioni del nord, nell’80% si tratta di individui non affetti da patologie psichiche e appartenenti a classi sociali trasversali dal medico all’operaio. Questi numeri dovrebbero indurre a riflessioni ben più profonde per iniziare ad aprire un dibattito serio su questa problematica che di sicuro non rende onore al nostro Paese e alla stessa categoria degli uomini.