Il Venezuela ha un nuovo Presidente. Si chiama Nicolas Maduro e nella vita ha guidato gli autobus, è stato ministro degli Esteri e, prima di ogni altra cosa, è stato il delfino di Hugo Chavez. Ed è stato il candidato di Chavez che, prima di morire durante lo scorso mese di marzo, lo aveva pubblicamente incoronato suo successore. La vittoria è stata una vittoria risicata, anzi, una vittoria risicatissima che non fa altro che aumentare le polemiche e il rischio brogli non è solo ipotetico.
L’elezione di Maduro: i numeri
Iniziamo, come è ormai da tempo nostra buona abitudine, dai dati concreti e, nella fattispecie, dalla suddivisione dei voti tra il neo Presidente del Venezuela Nicolas Maduro e il suo sfidante Henrique Capriles. Maduro è stato eletto con il 50,66% dei voti mentre lo sfidante si è fermato al 49,07%. Se mettiamo momentaneamente da parte le percentuali e facciamo riferimento ai numeri in valore assoluto, capiamo quanto risicato è stato il margine di vittoria per Maduro che, a conti fatti, ha vinto per circa 200 mila voti. La considerazione sul numero di voti è particolarmente importante per due ragioni: in primis per il rischio brogli, e, in secondo luogo, per la spaccatura che sta vivendo il Paese sudamericano laddove pure una certa eco l’aveva avuto Il salvataggio di Cipro.
La spaccatura del Paese
Lo sfidante uscito sconfitto, Henrique Capriles, ha chiesto il riconteggio ufficiale dei voti, ma, al momento, il dato più importante è un altro, vale a dire che il Paese è diviso in due. Bisogna tener presente che Chavez era stato rieletto Presidente nello scorso mese di ottobre con una maggioranza schiacciante e che, ad oggi, il suo partito, ha perso qualcosa come 700 mila voti in 6 mesi. E, a ben guardare, si tratta degli stessi 700 mila voti guadagnati dall’opposizione che hanno portato Capriles a perdere di un’incollatura (leggi: Obama si taglia lo stipendio).