Ai nastri di partenza ci sono tutti. Deputati, senatori e grandi elettori di nomina regionale che, come prescrive la nostra Costituzione, sono da già da qualche ora riuniti in seduta comune per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Il tempo delle trattative sotterranee è finito e al momento le carte sono quasi tutte scoperte. Come, del resto, anche nella giornata di ieri la ridda di nomi delle ultime ore è andata via via chiarendosi. E se ieri mattina il favorito sembrava Giuliano Amato (leggi: Amato in pole per il Quirinale), gli equilibri della serata si sono spostati tutti a favore di Franco Marini.
Franco Marini: candidato condiviso
Il mandato di Giorgio Napolitano scadrà il prossimo 15 maggio, oggi sono cominciate le prime votazioni per eleggere il nuovo inquilino di Palazzo del Quirinale. La situazione al momento sembra essere molto chiara: l’obiettivo di tutte, o meglio, di quasi tutte le forze politiche del nostro Parlamento, è stato quello di trovare un candidato comune. Nelle ultime settimane ci hanno lavorato tutti: ogni partito con i suoi tempi e i suoi modi, ma, bene o male, l’indirizzo sembra essere stato condiviso da tutti. Un candidato di amplissima maggioranza che possa essere letto quanto prima e che possa sommare nella propria persona da un lato stima e carisma bipartisan, dall’altro profilo istituzionale di alta levatura. Il candidato numero uno è il già Presidente del Senato Franco Marini.
I voti di PD e Pdl
Vero è che in occasioni di tal tipo la battuta sul “chi entra Papa esce cardinale” è sempre pronta a diventare realtà, ma è altrettanto vero che, conti alla mano, il rischio di sorprese dell’ultima ora è molto ridotto. Perché alla base della nomina di Franco Marini c’è un accordo generalizzato che mette insieme sia i voti di Berlusconi e del Popolo della Libertà che i voti di Bersani e del Partito Democratico (leggi anche: Quirinale: intesa Monti – Bersani). E c’è anche da aggiungere che, allo stato delle cose, sembra un Presidente della Repubblica più gradito al Pdl che al PD laddove la nomina di Marini ha rappresentato un’ulteriore occasione di contrasti interni e di distacco tra Bersai e Renzi.