Difficile immaginare un’elezione del Presidente della Repubblica così sanguinosa. Le difficoltà erano palesi, il Paese spaccato e caduto in una paralisi istituzionale senza precedenti poteva far presagire un cammino irto di asperità, ma non fino a questo punto. La deflagrazione c’è stata ieri sera ed è stato un processo veloce: prima i voti non sufficienti a Romano Prodi per salire al Quirinale – eravamo alla quarta votazione e quindi era sufficiente la maggioranza semplice, vale a dire il 50% più uno degli aventi diritto – e poi il passo indietro di Bersani.
La giornata di ieri
Facciamo una rapida ricostruzione dell’accaduto delle ultimissime ore: dopo il voto della mattina (leggi: Quirinale, terzo scrutinio a vuoto) a Romano Prodi sarebbero stati sufficienti poco più di 500 voti per diventare il nuovo Capo dello Stato. Ma il professore si è fermato poco sotto i 400: significa un buco da circa 100 voti. Tutti hanno chiamato in causa quella vecchia creatura tipica della prima e anche della seconda repubblica: il franco tiratore. Una figura mai estinta a quanto pare, e che negli ultimi tempi ha trovato un humus assolutamente fecondo in seno al Partito Democratico. Che le divisioni interne al Partito Democratico siano ataviche è questione risaputa, ma che il leader Bersani fosse costretto, o meglio, che il leader Bersani si sentisse costretto a rassegnare le proprie dimissioni in pochi se lo aspettavano.
Dimissioni e responsabilità
Il casus belli è stato il mancato sostegno offerto a Romano Prodi, un sostegno che avrebbe dovuto offrire il Partito Democratico in toto sapendo con assoluta certezza che Prodi non avrebbe preso neanche un voto dalla coalizione di centrodestra (leggi: Prodi al Quirinale con i voti di PD e M5S). Eppure, ancora una volta, la coesione è venuta a mancare ed è stato, nell’ottica di Pierluigi Bersani, un fatto gravissimo che ha reso quella di ieri una delle giornate più buie nella già travagliata storia del Partito Democratico. Prodi, dal canto suo, non ha potuto che prendere atto del mancato appoggio di un centinaio di parlamentari del Pd: si è ritirato e ha chiesto a chi lo aveva proposto al Quirinale di assumersi le proprie responsabilità.