Il congedo parentale o la richiesta di un periodo di aspettativa possono generare attrito tra lavoratori e dipendenti. I Consulenti del lavoro ribadiscono i punti chiave di questo momento e si propongono di rivestire il ruolo di mediatori.
Voi come avete gestito o come pensate di gestire questo momento?
Innanzitutto ricordiamo che il periodo di congedo (o di aspettativa) consiste in un periodo di “sospensione” del rapporto di lavoro. Durante questo periodo vengono meno alcuni obblighi delle parti, tra cui per il lavoratore quello di prestare attività lavorativa e, per il datore di lavoro, quello di pagare la retribuzione. Ma attenzione, il rapporto di lavoro permane, le parti sono comunque tenute ai doveri di correttezza e buona fede, quindi, ad esempio, il lavoratore può continuare a godere del congedo solo se permangono le motivazioni per le quali è stato concesso; in altre parole non è possibile chiedere il congedo per motivi familiari e poi accettare un impiego part-time.
Tra le varie tipologie di congedo, ricordiamo soprattutto, il congedo per assistenza a familiari portatori di handicap grave e quello per gravi motivi familiari. Le differenze tra i due istituti sono molteplici, in primo luogo i congedi per assistenza a familiari portatori di handicap grave, sono subordinati al riconoscimento del relativo status (per capire meglio diciamo la legge “104”). Il godimento del congedo è regolamentato in maniera rigida per prevenire abusi ed è, inoltre, previsto un assegno da parte dell’INPS. La sua concessione da parte del datore di lavoro, inoltre, è obbligatoria entro 60 giorni dalla richiesta. Minori tutele sono accordate al congedo per gravi motivi familiari, in quanto di portata più estesa rispetto al solo caso di handicap grave. Bisogna però ricordare che tale forma di congedo non prevede nessuna forma di indennizzo ed il datore di lavoro può negarne (anche se con provvedimento motivato) la fruizione.
Aggiungiamo, inoltre, che alcuni CCNL prevedono, in aggiunta, periodi di aspettativa non retribuita per vari motivi la cui concessione è però, di norma, discrezionale da parte del datore di lavoro.