Non sempre il pusher è responsabile per la morte del tossicodipendente al quale ha venduto la droga.
Lo spacciatore, condannato per cessione di stupefacenti e per la morte dell’acquirente, ha presentato ricorso alla Cassazione, dopo la conferma della condanna in appello.
Il reato di spaccio è stato ovviamente confermato, con le telefonate che hanno incastrato l’uomo, ma secondo quanto dichiarato dal ricorrente, non c’è legame diretto che può incolpare l’uomo della morte del tossicodipendente.
Servirebbe infatti una concreta verifica in ordine alla prevedibilità dell’evento, e proprio per questo la Cassazione ha accolto il ricorso dello spacciatore.
La Cassazione stabilisce che dalla cessione della droga non poteva desumersi la responsabilità dello spacciatore per la morte del soggetto che le aveva acquistate e che ne era rimasto vittima.
Per stabilire se il pusher ha colpe nella morte dell’uomo, si dovrà appurare che lo spacciatore stesso fosse a conoscenza di problemi che potevano portare il tossicodipendente alla morte.
In sostanza, ciò che viene confermato dalla Cassazione è che la responsabilità del pusher c’è solamente se la morte del tossico è rimproverabile perché prevedibile. La Cassazione ha quindi confermato la condanna per spaccio ma annullato quella per la morte del tossicodipendente.