Gli scontri tra Fini e Berlusconi vanno avanti da anni. Con l'ultimo contrasto però, si aprono nuovi scenari politici...
Il 29 luglio, Berlusconi, comunica che l’ufficio di presidenza del Pdl sottopone al giudizio dei probiviri i deputati: Carmelo Briguglio, Italo Bocchino e Fabio Granata. La richiesta è, in sostanza, la cacciata di chi non è in linea con il programma e i principi fondativi del partito del predellino, previo giudizio del collegio.
Il giorno dopo Fini annuncia la creazione di una nuova formazione parlamentare: “Futuro e Libertà per l’Italia”.
Dovrebbero essere almeno dieci (numero minimo per legge) i senatori aderenti, che verrano ufficializzati a inizio settimana. I deputati sono trentatré, tra cui spiccano i nomi di: Flavia Perina, direttrice del “Secolo d’Italia”; Luca Barbareschi, attore e conduttore tv; Angela Napoli, membro della commissione parlamentare antimafia; Andrea Ronchi, ministro per le politiche comunitarie; Giulia Bongiorno, nota ai più per aver difeso Andreotti nei processi di mafia; da includere anche i tre deferiti ai probiviri. Di questi, circa venti sarebbero intenzionati a contrastare effettivamente il governo.
Fini spiega che non ha intenzione alcuna di dare le proprie dimissioni, come invece è stato richiesto dal premier: vuole mantenere il suo ruolo di garante delle regole della camera, e non di “garante della maggioranza che è stata eletta”. Per questo, nonostante il sostegno assicurato al governo, assicura che non ci saranno tentennamenti nell’andare contro l’esecutivo, ove andasse contro l’interesse del paese. Secondo il presidente della camera non si può scambiare il garantismo con la pretesa di impunità. Giudica inoltre i comportamenti del premier come non liberali. Ora in parlamento si iniziano a fare i conti, soprattutto in senso letterale.
LE PREMESSE DELLO STACCO
“Siamo alle comiche finali”: questo era il giudizio espresso da Fini nel 2007 per commentare l’annuncio di Berlusconi dal predellino in piazza San Babila. E non era certo il primo attacco dell’ex leader di An. Più recentemente, da Fabio Fazio, il presidente della camera spiegò che “l’aria da camerata” era la cosa che non gradiva del pdl. In aggiunta erano arrivate anche le dichiarazioni “rubate” da un microfono audace sul collaboratore di giustizia Spatuzza. Intanto il Giornale, della famiglia Berlusconi, si scaglia contro il “compagno” Fini.
Agli inizi di maggio arriva la notizia che Denis Verdini è indagato nell’ambito della cosiddetta “P3”. Fini si mostrava inizialmente contrario alle dimissioni del coordinatore del pdl: “la storia è colma di casi partiti con indagine di garanzia e risolti in un nulla di fatto”. Intanto i dettagli dell’indagine aumentano e altri finiani, come il vicepresidente della commissione antimafia Granata, chiedono le dimissioni di Verdini, la chiarezza sulle stragi di mafia, e una crescente attenzione per la questione morale nel partito per le diverse inchieste che stanno emergendo.
Fini, pur non rivolgendosi esplicitamente a Verdini, ma a Caldoro, fa riflettere sul fatto che “non è opportuno che chi è indagato rivesta incarichi politici”, in controtendenza con quanto dichiarato a maggio. Verdini si dice deluso per non essere stato difeso.
Intanto aumentano, giorno per giorno, gli scontri a mezzo stampa tra finiani e fedeli alla linea del premier. Barbareschi è deluso dal partito “in funzione degli interessi del premier” e cita il canto politico del purgatorio: “lo Stato si trasforma in bordello”. Granata, attaccato da più parti, arriva ad affermare “provate a cacciarci tutti per antimafia e legalità” e riprende Alfredo Mantovano per la non rinnovata protezione a Spatuzza… Fino alla presentazione del documento: più di trenta voti a favore del deferimento e tre astenuti (Pasquale Viespoli, Mario d’Urso e Andrea Ronchi).
LE REAZIONI DELLE ALTRE FORZE POLITICHE E IL PREMIER PREOCCUPATO
Il presidente Napolitano spera che non ci sia discontinuità nell’amministrazione del paese e non entra nelle questioni del partito. Pd e Idv vogliono Berlusconi in parlamento urgentemente. Casini e D’Alema ipotizzano un governo di transizione per le grandi riforme.
Bossi, due giorni fa, rispondeva con il suo famoso gestaccio al cronista che gli parlava di elezioni anticipate. Il leader del carroccio ha paura per la tenuta del governo, in particolare per settembre : “in questo mese faranno intrallazzi per ammazzare Berlusconi e a settembre gireranno le loro carte. Proveranno a dare la sfiducia a Silvio”, e precisa che preferisce elezioni premature a un governo tecnico. Quest’ultimo servirebbe a truffare l’elettorato con una nuova legge sul voto e non arriverebbe al federalismo.
Rutelli, con ironia chiarisce che “non c’è trippa per gatti”, ossia che non ci sarà nessuna compravendita nell’Api.
Il premier sostiene che i numeri per governare ci sono. Poi vanta gli ultimi provvedimenti dell’esecutivo. Eppure il ddl intercettazioni e altri interventi su trasporti e energia, forse per la paura di sfiducia, sono stati rinviati. Berlusconi sarebbe già pronto alle elezioni in autunno, nel caso in cui la maggioranza non vada avanti. In questo contesto si rileverebbero decisive le scelte di alleanza della Lega, che potrebbe ottenere il federalismo da nuove forze politiche.