Politica fiscale

di Gianni Puglisi Commenta

Quali sono le politiche fiscali di un governo e come agiscono nel modificare le più importanti variabili macroeconomiche?

L’espressione “politica fiscale” identifica, solitamente, tutte quelle leggi, provvedimenti, strumenti, norme e regolamenti che il governo racchiude nelle cosiddette manovre finanziarie o nei documenti di programmazione economica e finanziaria, grazie alle quali uno Stato cerca di gestire, nella maniera più ottimale, il delicato rapporto tra le proprie uscite (come, per esempio, la spesa pubblica per la fornitura di beni e servizi ai cittadini) e le proprie entrate (come, per esempio, tasse, imposte e tributi) così da comporre un bilancio che, piuttosto che essere in disavanzo, sia in pareggio o addirittura in avanzo.

Macroeconomicamente parlando, giacché di provvedimenti in grado di smuovere le variabili macroeconomiche ci stiamo occupando, possiamo affermare che le politiche fiscali di qualunque Stato possono essere di carattere espansivo oppure ancora restrittivo.


POLITICA FISCALE ESPANSIVA

Si ha una politica espansiva nel caso in cui le manovre finanziarie di un governo (o i suoi DPEF) siano mirate:

– alla riduzione della pressione fiscale

– all’aumento della spesa pubblica

– all’aumento dei trasferimenti (somme monetarie erogate gratuitamente alle famiglie)

È bene specificare, comunque, che non vi è la necessità che si verifichino contemporaneamente questi tre eventi. Anche soltanto l’applicazione massiccia di manovre correttive che vadano in un senso piuttosto che in un altro è indicativo del fatto che uno Stato stia adottando una politica espansiva.

Le conseguenze di uno scenario di questo tipo, evidenti alla maggior parte degli analisti, sono:

– l’aumento del prodotto interno lordo

– l’aumento dei tassi d’interesse con conseguente contrazione degli investimenti

POLITICA FISCALE RESTRITTIVA

Si ha politica restrittiva, invece, nel caso in cui le manovre finanziarie di un governo (o i suoi DPEF) siano mirate:

– all’aumento della pressione fiscale

– alla riduzione della spesa pubblica

– alla riduzione dei trasferimenti

È bene specificare che, anche in questo caso, la decisa propensione del governo verso un particolare provvedimento, anche in assenza dell’attivazione congiunta e contemporanea delle manovre sopra descritte, indichi la decisione dello Stato di attuare una politica fiscale restrittiva.

Le conseguenze principali di una politica fiscale restrittiva sono:

– la riduzione del prodotto interno lordo

– la riduzione dei tassi di interesse con conseguente decontrazione degli investimenti

ASPETTI SOCIO-ECONOMICI

Più che la tecnica, comunque, risultano interessanti i risvolti socio-economici dell’applicazione di una politica fiscale piuttosto che l’altra.

Il dibattito, più vivo che mai, riguarderebbe due questioni fondamentali e strettamente correlate quali quella del debito pubblico e della crescita economica di uno Stato e starebbe cercando di individuare quale dei due atteggiamenti sarebbe maggiormente utile allo scopo di aumentare la crescita di una nazione riducendone, di conseguenza, il disavanzo.

Il problema principale sarebbe quello di individuare una formula che non rischi di far sprofondare il Paese in un circolo vizioso in cui, alla forte presenza di un determinato elemento, si contrapporrebbe sempre l’assenza di qualche altro fattore fondamentale.

Se, per esempio, si decidesse di adottare una politica di espansione fiscale, sarebbe con l’intento di favorire i consumi della fascia medio bassa della popolazione e scapito degli investimenti della fascia alta o industriale, sfavoriti da una maggiore imposizione fiscale e dalla crescita dei tassi d’interesse.

In una situazione di questo tipo, lo si intuisce facilmente, non vi sarebbe adeguata crescita economica poiché la maggior disponibilità economica delle famiglie non saprebbe come esprimersi a causa della forte contrazione dell’offerta.

D’altro canto, se si decidesse di adottare una politica di restrizione fiscale, sarebbe con l’intento di favorire gli investimenti della fascia alta o industriale della popolazione, favoriti da una minore imposizione fiscale e dalla decrescita dei tassi d’interesse, a scapito dei consumi della fascia medio-bassa.

Anche in questa situazione, però, non vi sarebbe adeguata crescita economica poiché la maggior produttività aziendale non saprebbe come esprimersi a causa della forte contrazione della domanda.

La decisione finale, ovviamente, è di carattere prettamente politico e ben poco avrebbe a che fare con la reale situazione economico-finanziaria del Paese sebbene i maggiori analisti mondiali siano concordi nell’affermare che, sebbene nessuna delle due soluzioni sia quella ideale, una politica fiscale di carattere espansivo rappresenterebbe il minore dei due mali giacché favorire i consumi sarebbe l’unico modo possibile per ottenere una qualche crescita economica.