Federalismo fiscale: le ragioni del sì

di Redazione Commenta

Inoltre, sarà possibile valutare con maggiore cognizione di causa le capacità e l’efficienza degli amministratori pubblici..

Numerosi sono stati i commenti positivi, provenienti per lo più dalla maggioranza di centrodestra, al disegno di legge sul federalismo fiscale sfornato dal Governo.
I sostenitori del progetto elencano con soddisfazione quelli che appaiono essere i punti qualificanti di una riforma che, se e quando andrà in porto, sarà effettivamente una delle principali rivoluzioni dell’Italia repubblicana.

Viene sottolineato, in particolare, che in ogni Paese federale i servizi essenziali per la persona (istruzione, sanità, sicurezza…) sono affidati a strutture su base regionale o locale, e perciò molto più vicine al cittadino stesso e con una maggiore capacità di tener conto delle autentiche problematiche locali.


In una nazione così eterogenea come l’Italia, in effetti, offrire soluzioni statali che travalicano i confini delle comunità locali appare sempre meno appropriato.

Inoltre, sarà possibile valutare con maggiore cognizione di causa le capacità e l’efficienza degli amministratori pubblici: venendo meno la possibilità di fare lo scaricabarile con lo Stato, ogni Regione, Provincia o Comune dovrà imparare a fare da sé, gestire al meglio le proprie risorse e rinunciare alla speranza che Roma ripiani scelte di politica locale spesso incontrollate e clientelari.

Non verranno tuttavia meno i trasferimenti statali, sebbene molto più contenuti. Ma quello che più conta è che essi si baseranno non più sui costi “storici”, cioè quelli sostenuti nel passato, bensì su quelli “standard”, basati su parametri di efficienza da rispettare rigorosamente.


In questo senso, dovrebbe venire, se non cancellato, almeno ridimensionato drasticamente l’intero principio dell’assistenzialismo, che per anni ha prosciugato le casse dello Stato senza peraltro riuscire mai a consentire davvero lo sviluppo del Mezzogiorno.
Rimane infine la soddisfazione di dare attuazione alla riforma del Titolo V, nata sulla carta nel 2001 e mai di fatto entrata in vigore.