È poi tutto da definire il meccanismo dei costi standard, su cui è facile prevedere un’opposizione feroce da parte..
I dubbi sorgono su diversi punti del disegno di legge. Non è ben chiaro, ad esempio, come l’autonomia finanziaria lasciata ad ogni ente territoriale si concili col dovere dello Stato italiano di garantire il rispetto dei parametri di Maastricht, che devono essere osservati dall’insieme complessivo dell’amministrazione pubblica, inclusi gli enti locali.
È poi tutto da definire il meccanismo dei costi standard, su cui è facile prevedere un’opposizione feroce da parte degli enti più spendaccioni (e questo accomuna ogni colore politico), ma altrettanto sconosciuti sono al momento anche i meccanismi di contribuzione al nascituro fondo perequativo nazionale, e di distribuzione delle risorse dello stesso alle aree più disagiate del Paese.
C’è anche da chiarire come mantenere la diversità delle cinque regioni speciali, in un sistema dove ogni Regione diverrà autonoma; Sicilia e Trentino – Alto Adige sono già sul piede di guerra.
Si teme inoltre un aumento complessivo della pressione fiscale, poiché la nascita o l’incremento delle imposte locali sarà presumibilmente superiore alla contestuale riduzione di quelle statali.
E non va dimenticato il paventato rischio “torre di Babele”: in un Paese dove ogni singolo ente avrà il potere di stabilire proprie imposte, agevolazioni e aliquote, il baratro del caos rischia di essere molto vicino.
E rimane, sopra ogni cosa, il nodo fondamentale da sciogliere, e cioè l’attuazione del federalismo politico. Finché non sarà stabilito una volta per tutte quali competenze riservare a Regioni ed enti locali, sarà anche impossibile adottare un sistema fiscale definitivo.