Giornata campale, quella di mercoledì 8, nella lotta alla gravissimi crisi dei mercati finanziari, che ormai sono in tanti..
E mentre i governi sembrano voler proseguire autonomamente l’uno dall’altro, sono le principali banche centrali del mondo ad assumere iniziative congiunte.
Con una manovra senza precedenti concordata a livello planetario, la Banca Centrale Europea, la Federal Reserve statunitense, gli omologhi organismi di Inghilterra, Canada, Svezia, Svizzera e Cina hanno tagliato i rispettivi tassi di interesse, con la speranza di ridare fiato alle banche: diminuendo i costi, infatti, esse saranno in condizioni migliori per richiedere prestiti alle banche centrali di riferimento e così fronteggiare la crisi di liquidità globale.
L’iniziativa è stata presa in accordo anche con la Banca Centrale Giapponese, la quale non ha agito a sua volta semplicemente perché i tassi, nel paese del Sol Levante, sono già molto bassi.
E mentre sempre più Paesi europei si dichiarano pronti a garantire i depositi bancari dei risparmiatori (alcuni, come Germania e Irlanda, senza alcun limite), l’Italia corre a sua volta ai ripari.
Con un Consiglio dei Ministri straordinario, Palazzo Chigi ha emanato un decreto-legge che agisce in due punti.
Innanzitutto, aggiungendo al già esistente fondo di garanzia interbancario sui depositi un’ulteriore garanzia dello Stato, e soprattutto ipotizzando l’entrata da parte dello Stato nel capitale proprio delle banche in difficoltà: ferme restando per esse il ricorso ai canali ordinari per la ricapitalizzazione (emissione di azioni sul mercato), lo Stato si riserva la possibilità di acquistare azioni privilegiate come extrema ratio laddove questi canali fossero insufficienti. Non è corretto, tuttavia, parlare di ipotesi di nazionalizzazione, poiché le azioni privilegiate, prive di diritto di voto, non consentirebbero un effettivo controllo sugli assetti della banca.