Riforma del lavoro sfata il mito dell’articolo 18

di Gianni Puglisi Commenta

La riforma del mercato del lavoro rivoluzionerà il mondo del lavoro così come sino ad oggi conosciuto infrangendo, per esempio, il mito dell'articolo 18.

Quello che potrebbe prospettarsi ai nostri giovani, nel giro di pochissimi anni, potrebbe essere un mondo del lavoro maggiormente giusto e maggiormente equo, con migliori e più durature possibilità d’inserimento, nonché di carriera, sin dalla più giovane età.

RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO

A scapito però, se il progetto del Governo Monti dovesse concretizzarsi, delle retribuzioni, che verrebbero notevolmente ridotte così da apparire ed essere maggiormente rappresentative della propria situazione lavorativa (a 18 anni, dunque, si verrà pagati notevolmente meno che adesso o a 50 anni. In cambio, però, si avrà la certezza di un lavoro sicuro e stabile nel tempo), e dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratoriche, proprio dal succitato statuto potrebbe scomparire.

E’ in questo clima, di profondo rinnovamento e di radicale trasformazione dell’Italia, che si sarebbe aperto quest’oggi, intorno alle 10.00, il summit che, per tutta la giornata odierna, terrà impegnati i principali rappresentati del Governo Monti, quali il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti, il Ministro dello Sviluppo Corrado Passera, il Ministro del Lavoro Elsa Fornero, il Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, il vice Ministro all’Economia Vittorio Grilli nonché, naturalmente, le principali parti sociali quali CGIL, CISL, UIL e Confindustria.

PACCHETTO CRESCI-ITALIA

All’ordine del giorno, come anticipato, ci sarà dunque la rivoluzione del mercato del lavoro che, secondo quanto espresso sia da Mario Monti che da Corrado Passera che, in passato, dallo stesso Ministro del Lavoro Elsa Fornero, non avrà alcuna paura di infrangere alcun tabù ne di sfatare alcun mito allo scopo di dare una risposta, quanto mai urgente ed appropriata, agli oltre 7 milioni di italiani, tra disoccupati, sottooccupati ed inattivi, che si sarebbero trovati nella condizione, a causa della crisi da debito sovrano, di non riuscire a conservare, trovare o cercare un qualsiasi posto di lavoro.