Già da diversi decenni, e precisamente dal 1966, allorché si introdussero in Italia le prime leggi per ostacolare..
le cosiddette “dimissioni in bianco”, ossia un foglio privo di data e fatto firmare dal lavoratore al momento dell’assunzione, in cui egli dichiarava le proprie dimissioni;
al momento in cui il datore intendeva licenziare un lavoratore era così sufficiente aggiungere la data corrente per trasformare in apparenti dimissioni volontarie quello che a tutti gli effetti era un licenziamento.
Il precedente ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha fortemente voluto correggere il sistema introducendo un modulo unico di dimissioni, reperibile presso le Direzioni provinciali del Lavoro: il dipendente che intendeva dimettersi poteva dunque farlo esclusivamente utilizzando il modulo in questione, rendendo così impossibile al datore di lavoro di imporre le dimissioni in bianco.
Ma, dopo soli pochi mesi, la questione è ritornata in discussione: l’attuale Governo, infatti, nella sua opera di sostanziale semplificazione amministrativa, ha infatti ritenuto l’esistenza di tale modulo come una complicazione eccessiva e ingiustificata per imprese e lavoratori, imponendone l’abolizione con il D.L. 112/2008.
Secondo i responsabili dell’attuale Governo, e in particolare il nuovo ministro del Welfare Maurizio Sacconi, tale adempimento risultava inutilmente gravoso e la sua efficacia sarà sostituita da maggiori controlli nei luoghi di lavoro e nuove procedure semplificate.
Bisogna peraltro riconoscere che nessuna nuova procedura è stata al momento emanata, per cui ciascun dipendente può oggi dimettersi con un semplice foglio in carta libera debitamente sottoscritto e consegnato al datore di lavoro, esattamente come fino al 2007.
È quindi auspicabile che vengano trovate nuove soluzioni al più presto, per impedire il rifiorire delle dimissioni in bianco.