Un analisi dell'andamento dello spread in Europa.
Nella tempesta finanziaria che si abbattuta su tutta la Zona Euro il nemico ha un nome, si chiama SPREAD.
Lo spread, quando di parla di titoli di stato, rappresenta in sostanza il differenziale tra il tasso di rendimento di un titolo a “rischio default” (come nel caso dei titoli greci) e quello di un titolo a basso tasso di rischio (allo stato attuale viene preso come riferimento, in Europa, il tasso d’interesse dei Bund tedeschi).
Per fare un esempio in termini pratici, lo spread dei titoli italiani (Btp a 10 anni) rispetto ai Bund tedeschi oggi si è fermato a quota 468 punti base, questo significa che gli interessi sui titoli italiani sono il 4,68% più alti di quelli tedeschi.
Attualmente sono in pochi in Europa a sentirsi al sicuro, che si tratti di una “strutturale” mancanza di fiducia nei paesi dell’euro, o che si tratti di speculazione, il dato di fatto è che stanno diventando salatissimi gli interessi che i paesi dovranno pagare sul proprio debito. Italia e Spagna viaggiano entrambe attorno ai 500 punti base, anche se l’Italia ha sfondato per prima quota 500 (arrivando alla soglia dei 600 per poi rientrare fortunatamente nuovamente sotto 500 punti). Nei giorni scorsi è bastato il rincorrersi di voci e indiscrezioni su un possibile declassamento della Francia da parte di Standard&Poor’s (S&P), una delle principali agenzie di rating, anche se poi le voci sono state smentite, perché i riflettori si spostassero oltralpe, e anche lo spread dei titoli francesi ha iniziato a correre.
Nella congiuntura attuale questi “giochi” sono molto pericolosi, e le agenzie di rating, tra cui Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch che in buona sostanza “valutano” l’affidabilità dei paesi, ovvero attribuisco un “voto” sulla base della presunta capacità di un dato paese di pagare i propri debiti, hanno di fatto un oligopolio assoluto, al punto che proprio la Commissione Europea sta valutando la possibilità di una modifica delle regole in base alle quali queste agenzie operano.