La crisi della Grecia coinvolge anche aspetti prettamente umani. Non molti sanno che i suicidi tra la popolazione ellenica sono aumentati del 40%.
Non molti pensano che la crisi possa causare qualcosa in più del default di Stati, banche, industrie, attività commerciali.
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Non molti pensano al dramma, ben nascosto sotto le macerie della finanza, che trascina alla disfatta non solo l’uomo economico-sociale bensì anche l’uomo umano, spingendolo, in rari ma allarmanti casi, al suicidio.
La denuncia arriva direttamente dalle colonne del Wall Street Journal, eminente quotidiano finanziario, che avverte come i suicidi, tra la popolazione greca, siano aumentati del 40% su base annua considerando i primi 5 mesi del 2011 ed i primi 5 mesi del 2010.
Un abisso di imprenditori, ma più spesso piccoli risparmiatori, molto raramente speculatori, miseramente falliti a causa di motivi a loro troppo spesso ignoti, incomprensibili poiché decisamente superiori, che hanno finito per schiacciarli.
Vi è, in tutto questo, un ancora più preoccupante cambio di rotta generazionale, il sintomo che qualcosa, nella nostra società, si sia irrimediabilmente rotto e non possa venir mai più aggiustato e che riguarda la vergogna.
Esistono, infatti, in Grecia, due tipi di vergogne. Una ti carattere morale, quell’altra di carattere sociale.
Fino ad oggi la prima, quella che vieta di suicidarsi per non macchiare con un’onta indelebile il buon nome della propria famiglia, è stata preponderante è a guidato le gesta e le reazioni dei cittadini falliti
Oggi, invece, si è verificata l’inversione di tendenza di cui dicevamo e la vergogna sociale del venir additati come falliti (molto spesso per cause esterne più che per mancanza di capacità o competenze) e divenuta si forte da far venir meno la vergogna e la paura del suicidio causando un’ondata gesti sconsiderati e plateali come mai prima.