Il rapporto del centro studi di Confindustria è assolutamente allarmante nei suoi contenuti. Non si tratta di lanciare degli allarmismi da prima pagina, quanto piuttosto di sottolineare una volta ancora lo stato della crisi e le sue conseguenze tanto nel breve quanto nel medio e lungo periodo. Le quali, a quanto pare, appaiono preoccupanti in misura ancora maggiore. Del resto basta leggere anche a grandi linee i dati numerici che emergono dal rapporto del centro studi di Confindustria per comprendere che tutti gli indici sono paurosamente negativi.
Le cifre della crisi
Procediamo con ordine come ormai consolidata nostra abitudine e iniziamo a considerare i punti principali del rapporto appena pubblicato dal centro studi degli industriali italiani. In primo luogo i numeri del settore manifatturiero nell’ambito del quale il numero di lavoratori occupati ha subito una flessione pari a circa il 10 per cento. Dal punto di vista del valore assoluto il numero è ancora più impressionante perché si tratta di 539 mila tagli nel periodo di riferimento che va dal 2007 al 2012. E, purtroppo, a quanto pare, l’andamento economico del settore manifatturiero è tale da far presagire ulteriori tagli tali da poter superare il record negativo dei 724 licenziamenti a cavallo tra il 1980 e il 1985 (leggi anche: I dati Istat sulla disoccupazione in Italia).
I record storici
La crisi nell’andamento del settore manifatturiero si è fatta sentire in modo enorme non solo per quanto concerne il taglio delle persone impiegate nel settore in questione, ma anche per quanto riguarda il potenziale del settore stesso. Le stime del rapporto più volte citato, infatti, evidenziano un crollo negli ultimi anni talmente significativo da poter asserire che il 15 per cento del potenziale manifatturiero italiano è andato ormai distrutto. E che ci vorrebbero circa 50 anni – le stime sono più labili da questo punto di vista – per poter recuperare il terreno perduto nell’ultimo quinquennio o poco più (leggi anche: Le stime dell’Ocse sull’economia italiana).