La Cina potrebbe divenire, entro il 2050, il principale produttore mondiale di energia elettrica.
Secondo il programma nucleare in questione, le cui radici si ritrovano nel mutamento occorso ai danni delle questioni, meramente strategiche, che indussero a suo tempo il Dragone (erano gli inizi degli anni ’70) a rinunciare all’energia atomica in favore dell’energia idroelettrica e dell’energia derivante dalla combustione di materiali fossili, quali petrolio e carbone, di cui allora anche la Cina era ricca, il Paese orientale dovrebbe riuscire a costruire, entro il 2020, ben 28 centrali nucleari, molte delle quali potrebbero venir ultimate entro la fine del 2015, per un potenza complessiva, in considerazione dei reattori nucleari già oggi attivi, pari a 80 gigawatt.
Nei successivi 30 anni, inoltre, la Cina dovrebbe riuscire a costruire abbastanza centrali nucleari (circa 200 secondo le stime più prudenziali) da arrivare a coprire, con oltre 400 gigawatt di energia elettrica distribuita (equivalenti ad un terzo dell’energia atomica che, secondo l’International Energy Agency, verrà entro il 2050 prodotta in tutto il mondo), il 25% del fabbisogno energetico mondiale.
Così, mentre molte delle nazioni europee più tecnologicamente avanzate (Francia, Svizzera, Germania e Belgio in primis) starebbero prendendo in serissima considerazione sia l’ipotesi di non costruire ulteriori reattori nucleari sia quella di smantellare le centrali elettronucleari attualmente attive, la Cina si appresterebbe a divenire uno tra i maggiori produttori mondiali di energia atomica grazie alla conquista di un posto di tutto rispetto in quello che, con ogni probabilità, diverrà l’oligopolio più redditizio di ogni tempo.