Le liste elettorali del Pdl stentano a prendere una forma definitiva. Eppure i termini per la presentazione sono ormai agli sgoccioli: la frenesia tipica delle ultime ore in occasioni come queste, si sta trasformando in un travaglio ricco di colpi di scena assai più problematico in occasione delle prossime elezioni e dell’imminente apertura della campagna elettorale. Il problema più grosso da risolvere rimane per il Pdl trovare l’equilibrio tra l’incandidabilità degli inquisiti e la capacità di portare voti.
Le condizioni di incandidabilità
Il primo punto da analizzare riguarda il compromesso tra le norme in materia di inquisiti e la rilevanza reale di un candidato. In altre parole il cuore del problema alla base della composizione delle liste del Pdl potrebbe essere semplificato in potentissima sintesi intorno a una domanda: quanto vale la pena candidare un inquisito che però assicura un bacino consistente di voti? E, allo stesso modo, rovesciando la prospettiva, ci si potrebbe chiedere quale può essere il contraccolpo reale in termini di voti dovuto alla pubblica esclusione dalle liste di un candidato in quanto inquisito. Un esempio chiarificatore del travaglio alla base della composizione delle liste del Pdl è quello di Cosentino in Campania, questione già sul tavolo da tempo (Elezioni 2013: il Pdl prepara le liste, in Campania c’è Cosentino). In base alle norme in tema di incandidabilità sarebbe consigliabile per gli organi del Pdl la sua esclusione, ma, a quanto pare, il Pdl non potrà fare a meno di Cosentino per il bacino di voti che il leader campano è in grado di assicurare a Berlusconi. E alla questione Cosentino si affiancano anche altre spine, in primis la candidatura di Marcello Dell’Utri.
La questione delle deroghe nelle liste del Pdl
C’è anche un secondo problema nella formazione delle liste Pdl, quello che riguarda le cosiddette deroghe. In effetti si parla, per ora se ne parla solamente, di una quindicina di deroghe da distribuire a candidati non in possesso dei caratteri della candidabilità (over 65 o alla terza legislatura). E’ dunque la distribuzione delle deroghe – fatte salve quelle valide per ministri e capigruppo – il terreno di scontro più acceso al momento tra i fedelissimi di Berlusconi oltre a Il patto di non belligeranza tra Monti e Bersani contro Berlusconi.