La Corte Costituzionale accoglie la richiesta del Capo dello Stato di vietare la pubblicazione delle intercettazioni in cui Napolitano parla con Nicola Mancino, ec ministro degli interni, oggi imputato nell'udienza preliminare del processo sulla trattativa Stato-mafia
La corte costituzionale ha accolto favorevolmente il ricorso del Quirinale, sul conflitto di attribuzione contestato alla Procura di Palermo, riconoscendo che non spettava alla Procura valutare la rilevanza o meno delle intercettazioni né il decidere sulla loro distruzione o meno ai sensi dell’articolo 271 del codice di procedura penale.
Quindi in conclusione la Corte, pronunciandosi favorevolmente al ricorso del Quirinale, permette che vengano distrutte le intercettazioni che interessavano il capo dello stato e Nicola Mancino ex presidente del Senato, ex vicepresidente del Csm e ex ministro dell’Interno che è indagato nel procedimento sulla trattativa Stato-mafia. La procedura con la quale il GIP voleva distruggere queste intercettazioni considerate irrilevanti è stata considerata pericolosa per la riservatezza delle comunicazioni del Capo dello Stato.
Dal Quirinale parole di soddisfazione confermando la fiducia e il rispetto nei confronti della Corte Costituzionale. Invece Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm stempera i toni dicendo che non bisogna leggere nessuna chiave politica la volontà legittima del capo dello stato a chiedere l’intervento della Consulta e che non c’è mai stato nessun scontro tra Quirinale e Procura di Palermo. La Consulta non ha fatto altro che il proprio lavoro analizzando gli aspetti tecnici e processuali del caso essendo il massimo organo di garanzia di legittimità delle leggi e di equilibrio tra poteri dello stato.
Intanto il procedimento sulla trattativa Stato-mafia resta comunque a Palermo, dopo la decisione del giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo Piergiorgio Morosini, rigettando così le richieste di incompetenza territoriale presentate nelle scorse udienze da alcuni imputati tra cui lo stesso Mancino che, attraverso i suoi legali, aveva chiesto il trasferimento dell’udienza preliminare al tribunale dei ministri.