Alle proteste nelle scuole si sono aggiunte quelle nelle università: qui non è prevista al momento..
Il nodo cruciale, com’è evidente, è dato dalla controversa riforma della scuola targata Mariastella Gelmini, introdotta per decreto appena poche settimane fa.
Secondo le stime dei sindacati confederali e di categoria, il decreto Gelmini conterrebbe tagli drastici al personale scolastico: fra accorpamenti di classi, chiusura di istituti minori e passaggio dal team di maestri al maestro unico (o “maestro prevalente”, come sottolineato ultimamente dal presidente del Consiglio), si è calcolata la perdita nei prossimi anni di circa centoquarantamila posti di lavoro, fra licenziamenti e mancate stabilizzazioni di precari.
A scendere in piazza a manifestare, dunque, sono intervenute le rappresentanze dei lavoratori della scuola, cui si sono unite nel giro di pochi giorni le rappresentanze degli studenti. Manifestazioni pubbliche, scioperi e l’occupazione di numerosi istituti sono ormai diffusi a macchia d’olio, rendendo incandescente il dibattito, e non mancano gesti plateali di protesta, come i numerosi insegnanti che hanno deciso di tenere le proprie lezioni in luoghi all’aperto.
Alle proteste nelle scuole si sono aggiunte quelle nelle università: qui non è prevista al momento nessuna riforma di portata epocale come quella messa a punto e difesa strenuamente dal ministro Gelmini, ma sul banco degli imputati è stata posta la politica dei tagli alla ricerca, che hanno messo in ginocchio quasi tutti gli atenei italiani, già in profonda difficoltà da molti anni.
Dal giorno delle elezioni politiche è la prima volta che la maggioranza di centrodestra si trova a fronteggiare una protesta così forte e diffusa.
E per il 30 ottobre è prevista una grande manifestazione nazionale.