In realtà, alla base del progetto della Gelmini non sembrano esserci particolari esigenze pedagogiche bensì più prosaiche necessità di risparmio: puntando l’indice contro le politiche dei precedenti governi di ogni colore che hanno aperto le porte dell’insegnamento a troppi docenti, e talvolta per motivi puramente clientelari, si è arrivati alla situazione attuale in cui le spese delle istituzioni scolastiche sono, a parere del ministro, esagerate.
Insomma, gli alunni delle prime elementari del prossimo anno ritroveranno il maestro unico, come già i loro genitori e i loro nonni, mentre per le classi successive rimarrà provvisoriamente la pluralità degli insegnanti: la fase di transizione dovrebbe concludersi nel 2013.
Ma non è l’unico taglio cui pensa il ministro: si pensa ad un progressivo accorpamento delle classi (nei piccoli centri, molte di loro sono sottodimensionate) e ad una riduzione del monte-ore complessivo di tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Non è ancora chiaro, peraltro, come la riduzione del monte-ore si concili con il dichiarato intento del ministro di estendere il tempo pieno, una soluzione molto gradita soprattutto nelle famiglie dove entrambi i genitori lavorano.
I sindacati guardano con molta preoccupazione alle conseguenze per i lavoratori: si calcola che nei prossimi anni perderanno il posto quasi centoquarantamila persone fra docenti e personale tecnico, senza contare l’eterno problema dei precari, la cui stabilizzazione sembra ormai una chimera. E all’orizzonte si profila, come minacciato dal leader della CGIL Epifani, l’ombra dello sciopero generale.