I dati pubblicati dall’Istat in merito all’andamento dell’economia all’interno del nostro Paese non lasciano ben sperare. In effetti un incipit del genere potrebbe essere lo stesso utilizzato già varie volte e già qualche mese in una serie di occasioni differenti. E se una considerazione del genere può da un lato essere una battuta amara, potrebbe dall’altro anche servirci da monito per aprire nuovamente gli occhi sul fatto che in seguito a tutti i cambiamenti – prima il governo tecnico del premier dimissionario Mario Monti, poi il vuoto post elettorale e adesso il governo di unità nazionale del premier Letta – sono le condizioni economiche del nostro Paese le più dure da cambiare.
I numeri della flessione nel nostro Paese
Iniziamo dall’analisi dei numeri di riferimento: nel periodo di riferimento, vale a dire il primo trimestre del 2013, li prodotto interno lordo del nostro Paese segna una flessione pari allo 0,5%. Cifra triste già di per sé ma che diventa oltremodo pericolosa se ci rendiamo conto che si tratta del settimo calo consecutivo. In altre parole tutto ciò significa che sono sette trimestri che il nostro Pil continua a scendere senza che nessun cambiamento all’interno del nostro governo o nessuna mossa di indirizzo di politica macroeconomica né in Italia nè all’interno dell’Eurozona risulti in grado di invertire la rotta (leggi anche: Crisi nuovo suicidio a Ragusa).
Le previsioni per il 2013
L’Istat nella nota di commento a corredo dello studio che abbiamo appena riportato sembra rincarare la dose al momento in cui sottolinea come una situazione del genere, vale dire il settimo calo del Pil consecutivo, non era registrata in Italia da circa 25 anni: l’ultimo dato simile era stato registrato nel 1990. E, inoltre, con un primo trimestre già così in calo, gli esperti di settore e gli analisti di mercato prevedono che il Pil alla fine dell’anno in corso avrà subito una contrazione pari almeno a un punto e mezzo. Quindi, a ben guardare, già superiore rispetto alle previsioni di inizio 2013 che prevedevano una flessione del Pil pari massimo all’1,3% (leggi: La crisi del settore immobiliare in Italia).