mentre la prima misura aveva una finalità sostanzialmente dilatoria, questa seconda presenta invece risultati ben più pratici..
E mentre la prima misura aveva una finalità sostanzialmente dilatoria, questa seconda presenta invece risultati ben più pratici: in nessun caso il tasso d’interesse a carico del mutuatario può superare il 4%.
Il che significa che se si è stipulato un contratto a tasso variabile e se a causa della turbolenza finanziaria il suo valore sale al di sopra di questo tetto, l’eventuale eccedenza è totalmente a carico del bilancio dello Stato.
La misura però non è strutturale bensì eccezionale (dato l’attuale momento storico), e dunque si scontra con due pesanti limitazioni: innanzitutto il discorso riguarda solo i mutui stipulati entro il 31 ottobre 2008, e in secondo luogo la misura sarà applicata solo alle rate che matureranno nei dodici mesi del 2009.
Quello dei mutui è spesso l’incubo che più di ogni altro toglie il sonno agli italiani. Tutte le statistiche dimostrano come l’ammontare medio della rata cresca di anno in anno (oggi il 53% dei mutuatari paga ogni mese più di 750 euro), e dunque una boccata d’ossigeno è ben gradita.
Alcuni analisti, tuttavia, ridimensionano notevolmente la portata della misura: si calcola che il tasso medio nel 2009 si aggirerà intorno al 4,3%, e dunque l’eccedenza sul tetto che andrà a carico dello Stato sarà in verità alquanto modesta.