Durissimo affondo del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi sull’attuale situazione economica del nostro Paese. E anche sul contesto politico in cui ci stiamo muovendo e ancor di più in cui ci siamo mossi negli ultimi mesi. A conti fatti il presidente degli industriali non le manda a dire sottolineando che le misure degli ultimi mesi si sono rivelate alla prova dei fatti assolutamente insufficienti e inutili nel combattere la terribile crisi che ci sta mettendo in ginocchio. Fino ad arrivare alla frase ad effetto che vede il Nord Italia pronto a cadere nel baratro della crisi.
Il programma di Letta
Cerchiamo adesso di ricostruire l’accaduto per poi analizzarlo con maggiore attenzione. E cominciamo dunque, come è nostra ormai consolidata buona abitudine, dalla contestualizzazione dei fatti. Il discorso del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi è da contestualizzare all’interno di un vero e proprio botta e risposta con il presidente del Consiglio del governo di unità nazionale il premier Enrico Letta. L’occasione è stata la consueta assemblea annuale degli industriali italiani in cui ha preso la parola Letta cerchiando una volta ancora in rosso le priorità della sua azione di governo nei prossimi mesi, vale a dire la lotta alla disoccupazione in generale (leggi: Il ministro Giovannini sulla disoccupazione giovanile) con una dose di attenzione maggiore alla lotta alla disoccupazione giovanile (leggi anche: La sospensione dell’Imu e l’aumento dell’Iva).
Le accuse di Squinzi
Ma la risposta del numero uno degli industriali non è stata per nulla accondiscendente: in altre parole Squinzi ha dato per scontato che l’azione del governo dovrà occuparsi di disoccupazione e del mercato del lavoro in generale. Ma ha sottolineato che la classe politica del nostro Paese ha perso troppo tempo fino ad ora facendoci sprofondare in un baratro pericolosissimo. Secondo il numero uno di viale Dell’Astronomia infatti il Nord Italia è attualmente sull’orlo di un precipizio pronto a cadere giù e a trascinare in tal caso l’intera nazione in un contesto di arretratezza e depressione tali da portare l’Italia definitivamente fuori dal circolo dei paesi europei in grado di decidere il proprio futuro economico.