Il presidente del Consiglio onorevole Enrico Letta ha incassato la fiducia alla Camera dei Deputati nel pomeriggio di lunedì. Un lungo discorso programmatico e poi la votazione con un risultato netto, come del resto era prevedibile. I numeri parlano di 453 voti a favore, 153 contrarti e solo 17 astensioni (leggi: La fiducia a Letta). Le tappe per rendere effettivo al cento per cento il nuovo esecutivo si stanno ormai esaurendo: sabato lo scioglimento della riserva, l’accettazione dell’incarico e la lista dei ministri, domenica il giuramento e le primissime operazioni nella prima riunione della Presidenza del Consiglio e ieri la fiducia alla Camera. Oggi al Senato.
Il discorso programmatico
La prassi costituzionale del nostro Paese vuole che il voto di fiducia di deputati e senatori venga espresso in merito al discorso programmatico del neo presidente del Consiglio.Anche se, nei fatti, tanto alla Camera quanto al Senato il voto favorevole o contrario ad un nuovo esecutivo viene deciso ben prima di ascoltare il discorso programmatico, quello del discorso rimane ad ogni modo un passaggio importante per il nuovo presidente del Consiglio. Si tratta in pratica della prima occasione ufficiale in cui viene divulgata la nuova agenda di governo e, mai come in questo caso, si è trattato davvero della prima volta perché di certo Enrico Letta non aveva fatto comizi e proclami nei mesi di campagna elettorale. Né, la lista di priorità di questo governo, può essere assimilabile al programma già noto di un qualche partito.
L’agenda di governo
Il presidente del Consiglio Enrico Letta nel suo discorso programmatico prima del voto di fiducia alla camera dei Deputati ha toccato una serie di punti che vanno in molte direzioni. Al centro del suo discorso: la riduzione delle tasse sul lavoro, la stop al pagamento dell’Imu per quanto riguarda la prossima rata di giugno in attesa di riformare tutto il pacchetto di imposte sulla prima casa (come ha sempre chiesto il Pdl), il varo di politiche di sostegno alla formazione e all’apprendistato, la riduzione del divario culturale tra le differenti classi sociali, interventi volti alla moralizzazione della cosa pubblica e la riduzione dei costi della politica attraverso l’abolizione dello stipendio da ministro della repubblica – i ministri diranno così addio alla doppia indennità (leggi anche: Spari a Palazzo Chigi).