L’incontro di ieri tra Massimo D’Alema e Matteo Renzi non è passato di certo inosservato. E, di certo, non doveva passare inosservato perché entrambi ci tenevano a farsi intercettare dalla consueta folla di cronisti e di telecamere. Anche se l’incontro tra Renzi e D’Alema era stato fissato da tempo, ad ogni modo, ha conquistato significati maggiori delle previsioni proprio per il momento in cui si è verificato, vale a dire il momento di maggior tensione tra il primo cittadino del capoluogo toscano e il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani.
La tensione tra Renzi e il Partito Democratico
Cominciamo dai fatti: il faccia a faccia tra il primo cittadino del capoluogo toscano e l’ex presidente del Copasir si è tenuto nella sala Clemente VII di Palazzo Vecchio, vale a dire nello studio di Renzi. E’ durato un’ora circa e i due, all’uscita, hanno rilasciato le consuete frasi di circostanza alla folla di cronisti in attesa. L’incontro ha seguito uno dei momenti di maggior tensione tra Renzi e Bersani: nelle ultime settimane il sindaco di Firenze e il segretario del Partito Democratico stanno facendo registrare il loro minimo storico per quanto riguarda le reciproche relazioni tanto da far pensare, oggi come mai prima, alla possibile deflagrazione del Partito Democratico (leggi: Le difficoltà del PD). E c’è chi riferisce di un ultimatum di Rensi a Bersani: sarà scissione se, nel caso di nuove elezioni, non ci saranno prima nuove primarie.
La questione dei grandi elettori
Massimo D’Alema ha preso posizione, in maniera intuibile, anche sulla vicenda della mancata nomina di Matteo Renzi a grande elettore del prossimo Presidente della Repubblica in rappresentanza della Regione Toscana (leggi: Scontro Renzi – Bersani sulla corsa al Quirinale). Ma ha preso la parola dando un colpo al cerchio e uno alla botte come si è soliti dire in queste occasioni: se da un lato ha bollato come un errore la mancata nomina di Renzi a grande elettore del prossimo Capo dello Stato, dall’altro, ha precisato che non c’è stata alcuna interferenza in merito da parte di Roma e da parte dei più alti vertici del Partito Democratico derubricando, di fatto, l’accaduto, ad un errore di valutazione nato in seno alla politica locale.