I giorni che ci separano dall’apertura dei seggi elettorali sono sempre meno e il premier dimissionario Mario Monti cerca con sempre maggior forza di porsi come ago della bilancia. L’obiettivo del professore è continuare a cavalcare la sua trasversalità e spingere ancora sul fronte della sua diversità rispetto ai partiti politici classici. E Monti lo fa per due ragioni: in primis per sostenere un’idea cardine della propria campagna elettorale e, in secondo luogo, per non autoescludersi da nessuna possibile alleanza nel dopo voto.
La strategia di Monti prima del voto
Il messaggio che il premier dimissionario Mario Monti consegna ai microfoni in prossimità nell’ormai ultima settimana di campagna elettorale, è un messaggio di scontento. E di sfiducia nei confronti delle categorie della politica così come appaiono consolidate oggi, tanto nella mente degli italiani, quanto nella consuetudine del Parlamento. L’attacco del professore è, in maniera intuibile, un affondo studiato a tavolino: il suo obiettivo è screditare le coalizioni sia di destra che di sinistra, criticarle sì duramente, ma senza arrivare ad un scontro frontale. Mantenendo negli interventi come nella sostanza un tenore super partes tanto da indurre a pensare a un Monti al Quirinale?
La strategia di Monti dopo il voto
In effetti le parole di Monti devono essere ben interpretate: più volte il professore ha criticato l’attuale coalizione di centrosinistra – nel senso di come è formata – ma non l’idea in sé di un’ampia coalizione. Questi attacchi mai portati fino in fondo ci dicono molto della strategia di Monti e della posizione di Scelta Civica tanto in questi ultimi giorni, quanto, soprattutto, nell’immediato post voto. Monti ha chiuso la porta a questa coalizione di centrosinistra per come appare configurata adesso, cioè in formazione pre-elettorale, ma non ha mai escluso la possibilità di una grande coalizione per governare dopo il voto. Del resto Monti, nella sua breve carriera strettamente politica, ha più volte puntato sulla validità delle grosse coalizioni sovrapartitiche per risolvere i problemi del Paese, incassando per questo l’apprezzamento dei leader mondiali (leggi: Obama vota Monti). E, dopo i risultati elettorali, pare concreta la possibilità di una grossa coalizione in cui Monti e Bersani convivrebbero senza troppi problemi.