Dopo il primo, vago accenno da parte di Silvio Berlusconi durante la conferenza-stampa..
In sostanza, essa costituirebbe un’alternativa alle tradizionali metodologie di applicazione della cassa integrazione. Normalmente, infatti, l’impresa in crisi che accede a tale agevolazione mantiene sul posto di lavoro solo una parte dei lavoratori mentre la parte restante, che rimane a casa, gode per il periodo considerato del trattamento di integrazione salariale, pari ad una percentuale del normale stipendio, che a seconda dei casi è a carico del datore di lavoro oppure dello Stato.
Per evitare ingiustizie, comunque, tutti i lavoratori effettuano una rotazione fra i periodi di lavoro e quelli di sottoposizione al trattamento, salvo i casi di lavoratori dalle conoscenze qualificate e che indispensabilmente devono essere mantenuti sempre sul luogo di lavoro.
Ora, l’esempio del Governo tedesco spinge in una direzione innovativa: anziché alternare i lavoratori da mantenere in servizio, le imprese potranno optare per mantenere tutti loro, ma con orario ridotto (presumibilmente per quattro giorni alla settimana), naturalmente con stipendio ridimensionato in proporzione e parzialmente integrato dallo Stato.
Per Sacconi, non occorrerebbe nemmeno una legge ad hoc: le norme oggi esistenti lascerebbero già spazio ad ipotesi di questo tipo. La preoccupazione del ministro è anche quella di evitare che le imprese, spinte dallo stato di difficoltà, possano adottare provvedimenti indiscriminati di tagli al personale, che in ultima analisi danneggerebbe le aziende stesse, che rischierebbero di privarsi dei detentori di prezioso know-how.
Sacconi sembra inoltre condividere l’invito alla fiducia espresso più volte dal premier (“non ho mai conosciuto un pessimista che abbia avuto successo”).