Comprensibile la felicità dei cittadini americani, che finalmente dopo dieci anni hanno avuto la loro giustizia, hanno dato un senso alla morte dei loro cari durante l’attentato e in questi lunghi anni di guerra.
Ma forse sarebbe corretto fermarsi un secondo e farsi un paio di domande fondamentali: primo, gli americani (e tutto il mondo occidentale) parlano di giustizia, ma siamo sicuri che non si tratti di vendetta?
Secondo: celebrare in piazza la morte di Bin Laden come se si trattasse di una vittoria sportiva è giusto?
Prima di tutto la vendetta genera vendetta ed aver ucciso il leader di Al Quaeda non rappresenta la vittoria assoluta, in quanto ci sarà sempre un altro a prendere il suo posto e che sicuramente cercherà di vendicarsi in qualche maniera.
Molto spesso l’occidente ha criticato le manifestazioni di piazza del mondo arabo, in cui venivano bruciate bandiere e vessilli americani e quello che sta avvenendo in queste ore negli Stati Uniti sono alla stregua delle manifestazioni dei musulmani.
L’odio e la violenza generano sempre violenza come in una spirale senza fine e questo omicidio non sarà la fine degli attuali conflitti presenti nel mondo medio orientale, ma al contrario, genereranno una serie di violenze e scontri peggiori.
L’unica soluzione attuabile per un mondo di pace è il dialogo e l’accettazione del diverso da sè, cercando in qualche modo di rimuovere il rancore nei confronti di coloro che hanno tolto la vita ai propri cari.
Oggi è un giorno di festa per tutto il mondo occidentale, ma è utile fermarsi a riflettere su quello che accadrà domani; non è la morte un’azione catartica per i mali del mondo.