Le manifestazioni per la morte di Bin Laden si sono susseguite per tutta la notte su tutto il territorio americano a partire dal prato antistante la Casa Bianca, da dove Barack Obama ha dato la notizia, a Ground Zero, dove avvenne il terribile attentato alle Twin Towers esattamente dieci anni fa
Comprensibile la felicità dei cittadini americani, che finalmente dopo dieci anni hanno avuto la loro giustizia, hanno dato un senso alla morte dei loro cari durante l’attentato e in questi lunghi anni di guerra.
Ma forse sarebbe corretto fermarsi un secondo e farsi un paio di domande fondamentali: primo, gli americani (e tutto il mondo occidentale) parlano di giustizia, ma siamo sicuri che non si tratti di vendetta?
Secondo: celebrare in piazza la morte di Bin Laden come se si trattasse di una vittoria sportiva è giusto?
Prima di tutto la vendetta genera vendetta ed aver ucciso il leader di Al Quaeda non rappresenta la vittoria assoluta, in quanto ci sarà sempre un altro a prendere il suo posto e che sicuramente cercherà di vendicarsi in qualche maniera.
Molto spesso l’occidente ha criticato le manifestazioni di piazza del mondo arabo, in cui venivano bruciate bandiere e vessilli americani e quello che sta avvenendo in queste ore negli Stati Uniti sono alla stregua delle manifestazioni dei musulmani.
L’odio e la violenza generano sempre violenza come in una spirale senza fine e questo omicidio non sarà la fine degli attuali conflitti presenti nel mondo medio orientale, ma al contrario, genereranno una serie di violenze e scontri peggiori.
L’unica soluzione attuabile per un mondo di pace è il dialogo e l’accettazione del diverso da sè, cercando in qualche modo di rimuovere il rancore nei confronti di coloro che hanno tolto la vita ai propri cari.
Oggi è un giorno di festa per tutto il mondo occidentale, ma è utile fermarsi a riflettere su quello che accadrà domani; non è la morte un’azione catartica per i mali del mondo.