Alcune incongruenze nel decreto legislativo sul nucleare ne hanno causato la bocciatura in sede di Corte Costituzionale.
Tra le segnalazioni di incostituzionalità il fatto che nel decreto legge si citano ragioni di urgenza per uscire dalla crisi economica ed energetica del nostro paese, che però vanno ad essere in contraddizione con la voce successiva della legge, là dove spiega che i lavori per la costruzione delle centrali dovranno essere finanziati da capitale prevalentemente privato.
Ora, spiega la Corte Costituzionale, le ragioni d’urgenza dovrebbero prevedere la piena assunzione diretta della faccenda da parte dello Stato, ma il successivo ricorso al capitale privato per la realizzazione dei lavori rende di fatto impossibile per lo Stato poter determinare e controllare la gestione di lavori e progetti.
Ed è stata cassata anche un’altra delle voci del decreto legislativo, che prevedeva l’istituzione di un commissario straordinario che può bypassare le competenze di enti istituzionali come regioni e comuni, un escamotage ideato essenzialmente per aggirare alcune leggi regionali che vietano l’installazione di centrali nucleari sul loro territorio.
In merito a ciò la Corte Costituzionale ritiene che, per lo stesso motivo per cui lo Stato non si assumeva il compito della costruzione di queste, affidandole a privati, allora vengono meno le presunte ragioni d’urgenza che avrebbero implicato l’esautorazione dei pareri e delle competenze di regioni e comuni in merito alla localizzazione dei territori dove costruirle.