La Legge Pecorella è una delle leggi ad personam di Silvio Berlusconi più criticate di sempre poiché stravolgeva completamente il codice di procedura penale.
L’OPINIONE DELL’OPPOSIZIONE
Motivo di contestazione fu l’apparente inutilità di una legge palesemente incostituzionale (opinione poi rivelatasi veritiera, giacché la Corte Costituzionale ha mantenuto in vigore soltanto 2 dei numerosi articoli di cui si componeva il provvedimento) che limitava, se non dimezzava, i poteri di giudici e PM poiché non consentiva, in ambito penale, di ricorrere in appello nel caso in cui la sentenza di primo grado fosse stata d’assoluzione (cosa che, in ambito civile, era stata regolamentata dallo stesso governo soltanto pochi anni prima).
L’OPINIONE DELLA MAGGIORANZA
Secondo la maggioranza, promotrice del provvedimento e dei necessari emendamenti chiesti da Carlo Azeglio Ciampi (l’allora Presidente della Repubblica che rinviò il testo iniziale della legge alle Camere), nonché di alcune organizzazioni di avvocati nazionali ed internazionali, la legge Pecorella, integrando nel codice di procedura penale italiano talune indicazioni rilasciate in ambito europeo, impediva ai giudici, qualora non vi fossero prove più che concrete o per lo meno ragionevolissimi indizi, di “accanirsi” contro l’imputato o i cittadini in genere.
ARTICOLI MODIFICATI
A venir duramente criticati, in particolare, furono le modifiche apportate ad alcuni articoli del codice di procedura penale, la più sostanziosa delle quali riguardò l’articolo 593 (in merito ai casi secondo i quali PM e imputato possono ricorrere in appello) che venne completamente stravolto, non consentendo alcun tipo d’appello, se non addirittura la diretta archiviazione del caso su indicazione della Cassazione. Faceva eccezione la sentenza di condanna, l’unica rimasta appellabile.
LEGGI AD PERSONAM DI SILVIO BERLUSCONI
Su Politikos trovi molte altre informazioni sulle leggi che, nel corso degli anni, sono state tacciate di favoritismo poiché considerate salva-Berlusconi.