Nel caso in cui, invece, il reo non abbia il possesso dell’oggetto sottratto indebitamente si configurerebbe il reato di furto.
La differenza, sottile, tra i due reati, sta nella specificazione che viene data ai termini di possesso e di proprietà.
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Se, infatti, nel linguaggio comune le due parole possano sembrare sinonimi, nel campo legislativo e giudiziario, soprattutto in questo specifico caso, sono invece completamente differenti.
Così come stabilito dal codice di procedura penale la proprietà è “il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico” mentre il possesso sarebbe “il potere sulla cosa che si manifesta in un’ attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di un’altra persona, che ha la detenzione della cosa”.
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Come si sarà ormai capito, dunque, furto e appropriazione indebita differiscono per il fatto che nel primo caso l’autorità giudiziaria è tenuta ad agire qualora vi sia stata una violazione congiunta e della proprietà e del possesso, mentre nel secondo caso si adisce alle vie legali soltanto in seguito a violazione della proprietà, giacché, come stabilito per legge, il possesso del bene, materiale o immateriale che sia, si troverebbe già in mano al soggetto colpevole.
Questo particolare reato è procedibile a querela di parte (nella stragrande maggioranza dei casi) o d’ufficio nel caso in cui intervengano le aggravanti generiche stabilite dall’art. 61 del codice di procedura penale.
La pena prevista, che aumenta a discrezione dell’ente giudicante nel caso in cui vi sia il riconoscimento di una o più circostanze aggravanti, è la reclusione sino a 3 anni congiuntamente al pagamento di una sanzione pecuniaria pari a 1.032 euro.