Si preannunciano momenti di tensione in seno al nuovo governo di ampia coalizione del presidente del Consiglio Enrico Letta tenuto insieme dal sostegno del Partito Democratico e del Popolo della Libertà in primo luogo e poi, in misura minore, da altri differenti partiti. Fatto sta che i primi attriti tra esponenti dei due schieramenti opposti all’interno della medesima formazione di governo già ci sono stati in embrione. E, potremmo dire che ci sono stati ancor prima della formazione stessa del governo ovvero già prima della formazione della lista completa dei ministri, dei sottosegretari, dei viceministri e dei presidenti di commissione.
La Commissione Giustizia
Il motivo del contendere sorto e subito esploso nelle ultime ore affonda le proprie radici in Commissione Giustizia. Il capogruppo Enrico Costa, uomo del Popolo della Libertà, ha depositato nelle ultime ore una proposta di legge che ricalca in tutto e per tutto il vecchio disegno di legge Alfano con l’obiettivo di assicurare un giro di vite intorno allo strumento investigativo delle intercettazioni. In altre parole si tratta di una mossa del Popolo della Libertà per rimettere all’ordine del giorno la limitazione forte delle intercettazione a suo tempo proposta dall’attuale Ministro degli Interni Angelino Alfano.
La legge Alfano
Ovviamente, in maniera intuibile, una mossa del genere scatena un fuoco di polemiche e porta con sé una scia di dichiarazioni al vetriolo. E’ facile immaginare le ragioni dell’accelerazione del Popolo della Libertà in seguito alle ultimissime vicende giudiziarie che hanno coinvolto l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: il cavaliere nel giro di dieci giorni è stato condannato sia nel processo Mediaset (leggi: Berlusconi condannato nuovamente in appello) che nel processo Ruby (leggi: Rubygate: i prossimi appuntamenti). Quindi immaginare un colpo di mano che cerchi di rendere inutilizzabili o quasi le intercettazioni sembrerebbe quasi una strategia difensiva in sede di processo piuttosto che una proposta di legge. Fatto sta che, rimanendo al di fuori del campo delle ipotesi e affidandoci solo alle parole di Enrico Costa dobbiamo dare per buono l’intento solo politico volto a far approvare quelle riforme che erano già state parzialmente approvate da una parte del Parlamento.