Sempre più difficile andare in pensione, ma quello che più inquieta è il taglio netto sull'ammontare dell'assegno erogato ai lavoratori che rispettano le nuove norme in uscita.
Dal 2013 come la riforma Monti-Fornero prescrive la pensione verrà calcolata sulla base dell’aspettativa di vita e lo stesso ammontare viene vagliato secondo la speranza di vita attesa. Cio’ comporterà un aggiornamento periodico dei coefficienti di trasformazione che sono i valori con cui si convertono in rendita i contributi versati e rivalutati nel tempo.
Se questi valori si riducono, allora calano le stime delle rendite future. Bastano pochi punti percentuale, per esempio chi andrà in pensione a 65 anni il coefficiente passa dal 5,62% al 5,44%, con una prestazione ridotta pari al 3,2% mentre per chi va n pensione a 70 anni questa sale al 4,41%.
In soldoni, facciamo l’esempio di un impiegato che accumula un montante di 250mila euro con 40 anni di contributi (33% di prelievo su di un reddito medio di 20mila euro) se andrà in pensione a 65 anni l’assegno cala di 450 euro da 14.050 a 13.600; invece per chi si ritira a 70 anni l’assegno cala ma la cifra annuale è superiore da 17mila scende a 16.250 euro. Ma in rapporto alla vecchia riforma delle pensioni Dini il taglio è cospicuo pari all’11,34% per chi va in pensione a 65 anni sono quasi 1740 euro in meno.
Per recuperare questi svantaggi, bisogna risparmiare di più e meglio. Quindi ciò significa aumentare la propria quota di contribuzione al proprio fondo pensione almeno per ritrovarsi con un assegno mensile dignitoso. Diventa ostico invece puntare a una rendita post-lavorativa molto vicina all’ultimo reddito un 40 anne destinato al pensionamento a 65 anni dovrà versare al suo fondo pensione il proprio tfr oltre ad un contributo non obligatorio ma necessario del 9% dello stipendio, destiandolo ad un comparto bilanciato di 70% obbligazioni e 30% azioni.