Secondo il nostro premier, nell’accordo raggiunto le nazioni con una maggiore tradizione manifatturiere..
Il premier ritiene infatti che queste misure siano eccessivamente penalizzanti per le imprese europee, specie considerando che le aziende concorrenti nordamericane e asiatiche non avranno gli stessi problemi poiché i rispettivi Governi non hanno firmato il protocollo di Kyoto.
Secondo il nostro premier, nell’accordo raggiunto le nazioni con una maggiore tradizione manifatturiere, come l’Italia, saranno quelle più penalizzate di tutte, soprattutto nell’industria dell’automobile. A parità di condizioni, le nostre Fiat (per lo più utilitarie di piccole dimensioni) soffriranno a livello unitario costi maggiori rispetto alle vetture tedesche o francesi, che sono mediamente di grossa cilindrata.
Berlusconi sottolinea perciò che andrebbero approntate delle soluzioni tecniche tali da ripartire gli oneri in parti uguali fra tutti i cittadini europei, senza che un paese sia più sacrificato di altri.
E ancora, Berlusconi contesta un altro punto dell’accordo, quello del commercio delle quote-clima: le nazioni più virtuose, infatti, che avranno raggiunto risultati migliori rispetto agli obiettivi prefissati potranno vendere ai Paesi meno lungimiranti le proprie eccedenze.
Per esempio, un Paese che dovesse ottenere il 23% di riduzione di emissioni di CO2 (e quindi il 3% in più rispetto all’obiettivo) potrà vendere quest’eccedenza ad un paese meno virtuoso arrivato magari al 17%, col risultato di consentire ad entrambi di raggiungere il traguardo e non avere sanzioni. Un meccanismo perverso, secondo Berlusconi, che creerà titoli ancora più tossici dei famosi mutui subprime.