La Brexit è il pesante macigno che il Regno Unito si porta dietro da quel fatidico 23 giugno 2016, quando Cameron, aspettandosi una vittoria facile, si trovò invece che una sconfitta di misura.
Da lì il caos di un paese che sembra non avere quei problemi che invece affliggono la politica italiana, e invece è pieno di contraddizioni.
Brexit e futuro
“Brexit means Brexit” (Brexit significa Brexit), disse la May alla TV, quando fu incaricata di attuare l’uscita dall’Europa. Ma c’è “Brexit e Brexit”, avrebbero dovuto rispondere almeno i giornalisti.
Una Brexit vinta con appena il 51% non può essere come una Brexit vinta con il 60%. I duri e puri vorrebbero una Brexit drastica, incuranti del 49% dell’elettorato, che se si rivoterebbe oggi, sarebbe già maggioranza.
Poi i britannici si sono accorti di essere un paese che molto più degli altri dipende dall’immigrazione che ha ridotto i salari e quindi i costi delle aziende. Per non parlare di tutto il resto. Non solo le lobbies finanziarie fanno pressioni, ma anche quelle del catering addirittura.
Ma i duri e puri non mollano e la Brexit si trasforma questa notte in uno psicodramma.
Stanotte c’è il voto di fiducia al governo, con i duri e puri alla caccia disperata di voti, per far fuori l’odiata May. Mancano 48 voti, sui 158 necessari per far cadere il premier. Difficilmente la fronda di Johnson e Rees-Moog riuscirà a sfiduciare il governo, ma se questo dovesse accadere, sarebbe il caos politico per il Regno Unito.