Le proteste contro l'oppressione cinese in Tibet non si fermano e, proprio oggi, l'ennesimo monaco si è dato fuoco nella speranza di coinvolgere l'opinione pubblica. Per lui, secondo quanto dichiarato dai medici, la prognosi è infausta.
Del monaco, improvvisamente cosparsosi di benzina e datosi fuoco, prontamente soccorso dagli astanti, non si hanno ancora notizie certe senonché, giunto in ospedale, avrebbe rifiutato qualsiasi cura chiedendo di venir portato al monastero dove avrebbe potuto, finalmente. morire per la giusta causa della liberazione del Tibet dall’oppressione cinese che, ormai, grava sull’asiatico paese montano incuneato sull’Himalaya dal 1950.
Per il monaco, dunque, il 10° solo quest’anno a compiere un gesto così drammatico e significativo ma, al contempo, totalmente inutile (vista la ritrosia delle organizzazioni sovranazionali ad interessarsi seriamente al problema, come dichiarato più e più volte dal 14° Dalai Lama Tenzin Gyatso), sembrerebbero non esserci speranze poiché come dichiarato dai medici di Dawa Tsering, al momento del ricovero egli presentava gravi e diffuse ustioni soprattutto sul collo, sul volto e sul capo.
La protesta tibetana contro la dominazione cinese dell’area, dunque, sembrerebbe inasprirsi giorno dopo giorno, dal momento che, l’ultimo simile episodio risale a soli 15 giorni fa (a darsi fuoco fu, però, una monaca, morta prima che potesse essere fatto alcunché per cercare di salvarla) ma, nonostante tutto, non starebbe riuscendo a sortire gli effetti sperati e, ora, i rapporti tra Lhasa e Pechino, mai cordiali, sembrerebbero essere divenuti, se possibile, ancora più ostili e contrastati, senza alcuna possibilità di dialogo.