Renzi ha deciso di utilizzare il referendum come strumento per la conferma del proprio mandato di premier. In pratica ha detto che se vincesse il referendum, potrebbe tornare serenamente a palazzo Chigi. Una strumentalizzazione nemmeno troppo lieve, se si considera che il contenuto del referendum passa in secondo piano.
“Sono sicuro che vincerò il referendum, ma non perché questa sarebbe la mia vittoria, non è il referendum di Renzi ma si decide del futuro dell’Italia. Abbiamo anche la recente esperienza del Regno Unito: non è facile perdere il referendum e tornare il giorno dopo come se non fosse successo niente, non sarebbe corretto.”
Il prossimo referendum, se si vanno a vedere bene le dichiarazioni del premier sembra mettere i cittadini di fronte ad un duplice quesito: “Renzi o il M5S” e poi anche “Me o l’instabilità economica”. In questo modo sulla figura del premier e non su quella del suo partito, si caricano tante battaglie che fanno perdere di vista anche la natura stessa dello strumento referendario. Se poi si considera che è tutto visto e considerato in un’ottica di tifo da stadio, si comprende la povertà stessa del dibattito politico contemporaneo. Ecco una serie di dichiarazioni di Renzi riportate da TGCOM:
“Con No instabilità e stop crescita” – “Vincerò il referendum – ha ribadito il premier – ma penso che le persone abbiamo bisogno di capire quale instabilità seguirebbe in caso contrario”. “Non solo resterebbero governi di breve durata, ma c’è anche il rischio, se si guarda ai sondaggi, che forse il M5s potrebbe andare a guidare questo Paese”. Ma sarebbe “un errore” una campagna elettorale sul “rischio dei populisti”. “Vuoi cambiare e, infine, scegliere il futuro, o vuoi continuare con questo modello e distruggere la prospettiva di crescita degli ultimi anni in Italia? Questo è il derby”.