5951/10 della Corte di Cassazione.
In termini strettamente giuridici l’attenuante del risarcimento del danno ha natura oggettiva ed è funzionale solo al ristoro del pregiudizio subito dalla persona offesa.
Non basta quindi la volontà del trasgressore a risarcire la vittima perché essa potrebbe ritenere insufficiente il risarcimento in confronto ai danni (anche morali) subiti. Si deve fare riferimento solamente all’interesse di chi è stato vittima del torto.
Era stata la Procura generale di Genova a creare questo dubbio, dando ragione ad un imputato 22enne reo di una rapina, che aveva offerto il risarcimento del danno morale alla vittima, e la somma era stata ritenuta adeguata in confronto alle sue capacità economiche.
La Cassazione stabilisce che l’attenuante in questo caso è sbagliata, perché nel suo importo complessivo il risarcimento non era esaustivo in relazione al danno provocato. Infatti ad oggi l’attenuante del comma 6 dell’articolo 62 del codice penale ha carattere puramente oggettivo.
Come ha stabilito la Cassazione, addirittura neanche “il trasferimento spontaneo di tutti beni dell’imputato alla persona offesa varrebbe a rendere A operante l’attenuante se il riequilibrio patrimoniale non risultasse pieno”.