Strage di Ustica. Lo stato italiano viene condannato a risarcire i parenti delle vittime perché non fu in grado di difendere lo spazio aereo in cui transitava l'aereo di linea DC-9 di Itavia il 27 giugno 1980.
Alle ore 20.59 e 45 secondi del 27 giugno 1980, l’aereo DC-9 I-Tigi ITAVIA in volo da Bologna a Palermo con il nominativo radio IH870 scompare dagli schermi radar del centro di controllo di Roma. L’aereo era precipitato nel mar Tirreno, in acque internazionali, tra l’isola di Ponza e Ustica.
81 vittime, 77 passeggeri (tra cui 11 bambini) e 4 membri dell’equipaggio. Una vera e propria strage che continua a non avere dei colpevoli. Il volo IH870 era partito dall’aereporto “Guglielmo Marconi” di Borgo Panigale in ritardo, precisamente alle 20.08 anziché alle previste 18.30 di quel venerdì sera. L’aereo doveva atterrare a Punta Raisi alle 21.13 per di più tre minuti prima del disastro. alle 20.56 il comandante Domenico Gatti aveva vomunicato il suo prossimo arrivo parlando con “Roma Controllo”, mentre il volo procedeva regolarmente.
Il velivolo civile era segnalato non solo dal radar di Ciampino ma si trovava nel raggio di azione anche di altri due radar della difesa aerea a Licola (viciono Napoli) e a Marsala. I soccorsi partirono in ritardo solo alle 21.55 decollarono i primi elicotteri.
Oggi dopo più di trent’anni lo stato italiano è condannato dalla cassazione a risarcire i parenti delle vittime di quella strage riconoscendo che l’aerio venne abbattuto da un missile, e non dalla presenza di una bomba a bordo o un malfunzionamento del veivolo. Questo è l’unico passo avanti in questa misteriosa vicenda che ancora tarda ad avere la giustizia, manca ancora il motivo e il soggetto esecutore. Resta così ancora oggi una delle pagine più oscure della nostra ancora così giovane Repubblica.