Quirinale, terzo scrutinio a vuoto

Ancora un nulla di fatto nelle elezioni del prossimo Presidente della Repubblica (leggi anche: Stop a Marini: fumata nera al primo turno). Anche il terzo scrutinio si è concluso con una fumata nera e, adesso, la svolta può avvenire nel pomeriggio. E non perché siano maturati i tempi o sia visibile una via di uscita concreta di fronte alla paralisi in cui le forze politiche del nostro Parlamento si sono ritrovate, quanto piuttosto per il cambiamento nelle regole di votazione. Dal quarto scrutinio, infatti, vale a dire da quello di oggi pomeriggio, non sarà più necessaria la maggioranza composta pari ai due terzi degli aventi diritto al voto, ma basterà una maggioranza semplice, cioè il classico 50% più uno.

Prodi al Quirinale con i voti di PD e M5S

La partita per il Quirinale è ancora tutta da giocare. Forse non sarà ancora molto lunga ma lo strascico del tira e olla delle ultime ore rappresenterà per qualcuno un boccone molto amaro da mandar giù nei prossimi mesi. Il tira e molla cui stiamo facendo riferimento non è quello, assai più accettabile, che ha caratterizzato le ore precedenti all’inizio delle operazioni di voti con le candidature prima di Giuliano Amato (leggi: Amato in pole per il Quirinale) e poi di Franco Marini. Ci riferiamo piuttosto alle ultimissime evoluzioni.

Stop a Marini: fumata nera al primo turno

Il primo colpo non è andato in porto. E’ stato sparato, ma sparato a salve potremmo dire con una metafora perché Franco Marini ha preso tantissimi voti, ma non in misura sufficiente all’elezione al primo turno. E’ sempre utile ribadire, anche se in potentissima sintesi, il regolamento che c’è alla base delle elezioni per il Quirinale: per essere eletto ai primi tre turni è necessaria una maggioranza composta pari, nella fattispecie, ai due terzi del totale (deputati, senatori e grandi elettori di nomina regionale). Dalla quarta votazione è sufficiente una maggioranza semplice, vale a dire il 50% più uno.

Amato in pole per il Quirinale

Non c’è più tempo per le trattative sotterranee nella corsa al Quirinale. Ormai siamo agli sgoccioli e tra qualche giorno conosceremo chi sarà il nuovo inquilino di Palazzo del Quirinale per i prossimi sette anni. A conti fatti le priorità intorno a cui la classe politica intera del nostro Paese sta concentrando la propria attenzione e la propria attività sono, al momento, due: l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica da un lato, la formazione del nuovo governo dall’altro. Ma la prima, al momento, è di gran lunga la più pressante.

La Gabanelli si ritira Stefano Rodotà sarà il candidato M5S

 Come aveva già fatto intendere ieri Milena Gabanelli, ha ufficializzato la sua scelta di non voler partecipare alla corsa verso l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica ma restare a svolgere il suo ruolo di giornalista d’inchiesta a Report. Così Beppe Grillo e tutto il movimento cinque stelle si è preoccupato di informare di questa scelta il secondo votato nelle quirinarie, cioè Gino Strada che ha anche egli espresso una chiara rinuncia alla candidatura.

M5S voterà Milena Gabanelli Presidente della Repubblica

 Dopo le votazioni sui dieci nomi, diventati nove dopo il ritiro dello stesso Grillo dalla possibile candidatura al Quirinale, oggi è venuto fuori il verdetto, il M5S voterà in Parlamento alle prime consultazioni per l’elezione del nuovo capo dello stato la giornalista Milena Gabanelli, questo è il nome espresso dalle votazione interne al movimento cinque stelle. La Gabanelli alla notizia, ha reagito con emozione per essere stata scelta e quindi premiata per il suo operato ma del resto ha fatto già intendere che forse sarebbe meglio se continuasse a fare la giornalista.

M5S contro Napolitano

 

Nuova puntata per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica italiana. In effetti, allo stato delle cose, la principale priorità dell’agenda politica del nostro Paese e, dunque, di conseguenza, il maggiore impegno per i rappresentanti del nostro Parlamento dovrebbe essere la formazione del nuovo governo. Ma, a ben guardare, mentre da un lato ci sono i dieci saggi scelti dall’attuale Capo dello Stato a ragionare per smussare gli angoli tra le opposte fazioni, le scadenze per l’elezione del nuovo Capo dello Stato si avvicinano.

Grillo e l’occupazione delle commissioni

Tutto ruota, o meglio, tutto sembra ruotare intorno alla questione delle commissioni parlamentari. Nelle ultimissime ore, in rapida successione, possiamo riassumere almeno tre differenti accadimenti in merito alla vicenda delle commissioni parlamentari. Tutto è partito dalle dichiarazioni ad effetto di Crimi e Lombardi – i capigruppo al Senato e alla Camera del Movimento a Cinque Stelle – che avevano minacciato di occupare le commissioni pur di dare l’avvio ai lavori in Aula in tempi brevi.

No alle commissioni permanenti

Nell’ambito della complessa agenda politica del nostro Paese, un nuovo focus intorno a cui si sta concentrando il dibattito negli ultimissimi giorni è quello che ruota intorno alle commissioni parlamentari. In effetti l’innesco della nuova polemica in merito al ruolo e alla minaccia di occupazione delle commissioni parlamentari lo hanno acceso i grillini con le dichiarazioni incendiarie dei capigruppo del Movimento a Cinque Stelle alla Camera e al Senato Roberta Lombardi e Vito Crimi.

M5S e l’occupazione delle commissioni

Nuovi fuochi d’artificio da parte del Movimento a Cinque Stelle. A conti fatti, la presenza nell’Aula di Montecitorio e di Palazzo Madama dei neoeletti del movimento guidato da Beppe Grillo rappresenta senza ombra di dubbio la principale novità del panorama politica del nostro Paese. E, con una dose calcolata e ben ponderata di rischio, potremmo indicare la presenza dei rappresentanti del Movimento a Cinque Stelle come una delle più grosse novità degli ultimi decenni della storia repubblicana del nostro Paese.

M5S contro i saggi di Napolitano

La scelta del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di nominare due gruppi di saggi è una scelta sui generis. Si tratta di una forzatura, o meglio di un precedente quasi unico nel suo genere in quanto si tratta di un’ennesima fase di consultazioni, ma portate vanti in modo assolutamente irrituale. A conti fatti, questa volta, nel nostro Paese, dopo le consultazioni del Capo dello Stato, dopo le consultazioni del Presidente del Consiglio che ha ricevuto l’incarico, adesso, le consultazioni saranno condotte da una decina di tecnici. Anche se formalmente non si tratterà di consultazioni ma di trattative punti di convergenza su cui i differenti partiti si diranno d’accordo a formare un governo di scopo.

Scontro Grillo – Bersani dopo le consultazioni

Il primo round Bersani l’ha perso. O meglio, è difficile dire se l’abbia perso esclusivamente il leader del Partito Democratico e la sua coalizione oppure, in un certo qual modo, l’abbiano perso tutte le forze politiche. A conti fatti è da un mese o poco più, vale a dire da quando i risultati elettorali sono stati resi pubblici, che si fa un gran parlare di Paese spaccato, di paralisi istituzionale e che si cerca di declinare in tutti i modi il concetto di ineleggibilità. Ulteriore riprova l’esito negativo de Le consultazioni di Bersani.