Prodi non rinnova la tessera del PD

Romano Prodi non rinnova la sua tessera del Pd. La notizia non è stata ancora confermata ma, qualora si accertasse al cento per cento la veridicità della scelta, allora sarebbe una scelta assolutamente pregna di significati quella di Prodi. Basti pensare a quanto Romano Prodi ha fatto per il Partito Democratico, per l’Ulivo guardando ancora più indietro e, fuori dalla logica di partito o di schieramento, quanto inevitabilmente ha rappresentato la sua figura per il nostro Paese al di qua e al di là dei nostri confini nazionali.

L’Assemblea Nazionale del PD

Giornata di grossa importanza per le sorti del Partito Democratico. Per le sorti del PD  – mentre per il Pdl sono le vicende giudiziarie a tenere banco (leggi: Pdl in piazza contro i giudici di Milano) nel senso che dallo snodo di oggi cominceremo a comprendere l’indirizzo che il partito leader della coalizione di centrosinistra proverà a mantenere nei prossimi mesi, mesi, per altro molto complicati proprio a causa del sostegno del tutto particolare offerto ad un altrettanto particolare governo di coalizione o di unità nazionale che dir si voglia che è stato da poco varato. Oggi è il giorno dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico.

M5S contro il governo Letta

Tra poco il nostro Paese avrà un nuovo governo. Un nuovo governo di cui ricorderemo in primo luogo la gestazione lunga, laboriosa e piena di colpi di scena: un governo in cui il primo incarico lo aveva dato un Presidente della Repubblica in pieno semestre bianco, anzi agli sgoccioli del proprio mandato, che ha visto il leader del Partito Democratico che aveva ricevuto l’incarico rassegnare le proprie dimissioni e che dovrebbe prendere le mosse nella giornata di oggi. Finalmente, potremmo dire, dato che sono passati ormai più di due mesi dalle elezioni del 24 e del 25 febbraio.

Enrico Letta premier?

La giornata di consultazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è conclusa ieri nel tardo pomeriggio. Si è trattato, questa volta, di un giro di consultazioni più snello e rapido di quello di quasi un mese fa da cui Napolitano se ne uscì con il conferimento di un mandato esplorativo nella mani del leader del Partito Democratico Pierluigi Bersani. Ecco, una certezza, ma una sola, ce l’abbiamo già da ieri, anzi, già da qualche giorno a dire il vero, vale a dire che questo secondo giro di consultazioni non potrà risolversi come il primo in seguito a Le dimissioni di Bersani.

Le condizioni di Napolitano

Le elezioni del Presidente della Repubblica sono state avvolte da più polemiche, contrasti e confusione del solito. Ne deriva che, probabilmente, molti di noi hanno fatto più attenzione ai numeri, al raggiungimento del quorum, alle logiche di partito che hanno offerto il proprio sostegno o lo hanno rifiutato piuttosto che alle poche e pesantissime parole di Giorgio Napolitano nel momento in cui ha comunicato di aver accettato la sua rielezione. Il nuovo presidente della Repubblica ha parlato di termini e di condizioni che gli hanno consentito di accettare il secondo mandato.

Grillo contro Napolitano e Bersani

Giornata piena quella di ieri per Beppe Grillo e il suo entourage che corrisponde a una domenica movimentatissima per tutto il Movimento a Cinque Stelle. In effetti dopo l’opposizione ferma nell’Aula di Montecitorio alla rielezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica per la seconda volta consecutiva, era palese aspettarsi i fuochi d’artificio da parte dei grillini anche nella giornata di ieri. E, con le sue dichiarazioni, Beppe Grillo non ha lasciato nessuno a bocca asciutta: seguaci, oppositori, cronisti, addetti ai lavori e non hanno avuto il nuovo comizio dell’ex comico ligure.

Le dimissioni di Bersani

Difficile immaginare un’elezione del Presidente della Repubblica così sanguinosa. Le difficoltà erano palesi, il Paese spaccato e caduto in una paralisi istituzionale senza precedenti poteva far presagire un cammino irto di asperità, ma non fino a questo punto. La deflagrazione c’è stata ieri sera ed è stato un processo veloce: prima i voti non sufficienti a Romano Prodi per salire al Quirinale – eravamo alla quarta votazione e quindi era sufficiente la maggioranza semplice, vale a dire il 50% più uno degli aventi diritto – e poi il passo indietro di Bersani.

Quirinale, terzo scrutinio a vuoto

Ancora un nulla di fatto nelle elezioni del prossimo Presidente della Repubblica (leggi anche: Stop a Marini: fumata nera al primo turno). Anche il terzo scrutinio si è concluso con una fumata nera e, adesso, la svolta può avvenire nel pomeriggio. E non perché siano maturati i tempi o sia visibile una via di uscita concreta di fronte alla paralisi in cui le forze politiche del nostro Parlamento si sono ritrovate, quanto piuttosto per il cambiamento nelle regole di votazione. Dal quarto scrutinio, infatti, vale a dire da quello di oggi pomeriggio, non sarà più necessaria la maggioranza composta pari ai due terzi degli aventi diritto al voto, ma basterà una maggioranza semplice, cioè il classico 50% più uno.

Prodi al Quirinale con i voti di PD e M5S

La partita per il Quirinale è ancora tutta da giocare. Forse non sarà ancora molto lunga ma lo strascico del tira e olla delle ultime ore rappresenterà per qualcuno un boccone molto amaro da mandar giù nei prossimi mesi. Il tira e molla cui stiamo facendo riferimento non è quello, assai più accettabile, che ha caratterizzato le ore precedenti all’inizio delle operazioni di voti con le candidature prima di Giuliano Amato (leggi: Amato in pole per il Quirinale) e poi di Franco Marini. Ci riferiamo piuttosto alle ultimissime evoluzioni.

Marini pronto per il Quirinale

Ai nastri di partenza ci sono tutti. Deputati, senatori e grandi elettori di nomina regionale che, come prescrive la nostra Costituzione, sono da già da qualche ora riuniti in seduta comune per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Il tempo delle trattative sotterranee è finito e al momento le carte sono quasi tutte scoperte. Come, del resto, anche nella giornata di ieri la ridda di nomi delle ultime ore è andata via via chiarendosi. E se ieri mattina il favorito sembrava Giuliano Amato (leggi: Amato in pole per il Quirinale), gli equilibri della serata si sono spostati tutti a favore di Franco Marini.

Amato in pole per il Quirinale

Non c’è più tempo per le trattative sotterranee nella corsa al Quirinale. Ormai siamo agli sgoccioli e tra qualche giorno conosceremo chi sarà il nuovo inquilino di Palazzo del Quirinale per i prossimi sette anni. A conti fatti le priorità intorno a cui la classe politica intera del nostro Paese sta concentrando la propria attenzione e la propria attività sono, al momento, due: l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica da un lato, la formazione del nuovo governo dall’altro. Ma la prima, al momento, è di gran lunga la più pressante.

Quirinale: intesa Monti – Bersani

Un nuovo fronte di trattativa si apre per quanto riguarda l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Del resto, siamo ormai agli sgoccioli per l’avvio delle procedure che decideranno chi sarà il nuovo inquilino di Palazzo del Quirinale ed è quindi intuibile che le trattative si fanno adesso più serrate. Nelle ultime settimane sono stati Berlusconi e Bersani, rispettivamente leader del Partito Democratico e del Popolo della Libertà, a tirare le fila del discorso, eppure, nella giornata di ieri, ha parlato Monti.